Dal 2011 al 2013 l’Italia subì una forte recessione anche per le misure di forte austerità decise dal governo Monti per raddrizzare deficit e rapporto debito/pil.
Le banche dopo la grande crisi avevano stretto i rubinetti del credito. E sua volta questa contrazione aggravò la situazione delle imprese, con un’ondata di fallimenti aziendali che provocarono a loro volta il mancato rimborso delle rate dei finanziamenti. Cominciarono a crescere le cosiddette sofferenze bancarie, messe a perdita nei bilanci bancari.
Il picco delle sofferenze e dei crediti malati arrivò nel 2015-2016, con oltre 300 miliardi di crediti malati nei conti delle banche. Le banche cumularono in questi anni con le rettifiche dei crediti non restituiti, oltre 50 miliardi di perdite a bilancio.
Si innescò per alcune banche una crisi profonda. A pagare di più tra le grandi banche fu Il Monte dei Paschi di Siena (Mps). La banca toscana accusò non solo il peso del credito facile concesso a piene mani nel passato, con oltre 20 miliardi di perdite nel decennio, ma anche la sciagurata acquisizione in contanti di Banca Antonveneta, proprio poco prima della crisi Lehman, pagata 9 miliardi di euro. Antonveneta fu un caposaldo della crisi della banca toscana. La banca di Padova finì prima sotto l’olandese Abn e poi, vittima anche quest’ultima di un'Opa, nelle mani del Banco Santander per essere poi ceduta a Mps. Un'operazione che porterà dopo la crisi Lehman all’affondamento della banca toscana e all'ennesimo scandalo finanziario-giudiziario italiano culminato con l'addio del presidente di Mps Giuseppe Mussari e il quasi fallimento del terzo gruppo bancario italiano.
Mps ricorse nel corso del primo decennio degli anni Duemila a molteplici aumenti di capitale, tutti bruciati dalle perdite degli anni successivi. Un circolo vizioso, in cui alla fine intervenne nel 2017 il Governo per ricapitalizzare l’istituto agonizzante, rilevando il 68% del capitale per un esborso di 5,4 miliardi. Il Governo si era impegnato a uscire dal capitale, ma ha dovuto chiedere ulteriori proroghe a Bruxelles e l’opv dovrà avvenire a fine 2024. Nel frattempo, grazie all’uscita dal perimetro di 4 mila lavoratori con gli incentivi all’esodo e i prepensionamenti e il recupero di ricavi e redditività, la banca sotto la guida di Luigi Lovaglio è tornata profittevole e appetibile sul mercato.
E il Tesoro ne ha approfittato per piazzare di recente il 25% della sua quota per 920 milioni di euro. Recuperando solo in parte le perdite finora conteggiate dall’ingresso nel capitale del 2017.