In Cina si manifestarono già a fine 2019 casi strani di polmoniti letali. Si pensò da subito a un nuovo virus, finora mai conosciuto, della classe dei coronavirus. Il contagio divenne da subito massivo, prima in tutta la Cina poi nel mondo intero. Sotto accusa il mercato degli animali vivi di Wuhan, ma si pensò allora anche una fuga da laboratori segreti militari che maneggiano materiali virali.
La Cina fu da subito reticente nel fornire informazioni e tempo prezioso venne così sprecato. Solo in anni recenti si appurerà che, già a fine del 2019, ricercatori cinesi avevano mappato il nuovo virus, ma le informazioni non vennero divulgate alla comunità scientifica internazionale.
L’Oms proclamò il 21 febbraio 2020 la pandemia globale: crollarono allora fin da subito i mercati, con l’S&P500 che perse dal 21 febbraio al 20 marzo del 2020 il 30% del suo valore. Il mondo finì nel panico. In Cina si avviarono i primi ferrei lockdown della popolazione.
Si intuì da subito che un’emergenza sanitaria mondiale come quella in atto avrebbe provocato con le misure restrittive di popolazioni e attività, un collasso globale dell’economia.
Il mondo di fatto si fermò. Si congelarono le attività dal turismo, ai trasporti, agli uffici e fabbriche chiuse per evitare assembramenti. Fu un’esperienza del tutto inedita per il mondo moderno che non aveva mai sperimentato una pestilenza così drammatica e pervasiva.
Si fermarono le produzioni e i commerci su scala mondiale. Ma passato il primo momento di sbandamento, ecco che già da aprile, dopo lo sboom del mese precedente, le Borse ricominciarono piano piano a salire. I Governi lanciarono provvedimenti di emergenza con enormi liquidità immesse nell’economia reale sotto forma di sussidi e ristori. Si uscì, pur con milioni di morti, lentamente e faticosamente dall’emergenza. Ma nel frattempo la strozzatura sul lato dell’offerta di beni e servizi fece sentire i suoi contraccolpi quando sul finire dell’emergenza, la domanda di consumi tornò a farsi viva dopo i lockdown.